Quando un principio attivo, necessario per l’allestimento di una preparazione galenica, non è disponibile in commercio allo stato di materia prima, ma è reperibile all’interno di un medicinale industrialmente prodotto, il farmacista «non può fare altro che utilizzare quello, poiché non vi è altro modo per garantire al paziente la possibilità di usufruire del medicinale personalizzato che gli è stato prescritto dal medico». È quanto stabilisce una sentenza del Consiglio di Stato (n. 4257/2015) in cui viene riconosciuta la legittimità dello sconfezionamento dei medicinali prodotti industrialmente, confermando quando aveva detto circa un anno fa il Tar Lombardia (sentenza n. 11 del 7 gennaio 2015) secondo il quale «solo in tali eccezionali casi, in deroga alla regola generale (obbligo di Aic), è ammessa la commercializzazione di farmaci realizzati da una farmacia per uno o più pazienti determinati che versano in circostanze particolari, ossia le cd. preparazioni galeniche magistrali e officinali da parte delle farmacie».

«Nulla di nuovo per chi si occupa della legislazione galenica» commenta Maurizio Cini, presidente Asfi «ma sicuramente un tassello in più nella ricostruzione di una legittimazione alla preparazione estemporanea che per molti anni è stata oggetto di vari tentativi di delegittimazione». Cini spiega che quanto ribadito dal Consiglio di Stato sia da seguire «con le dovute cautele». E spiega: «Va tenuta la massima attenzione alla forma farmaceutica, alla eventuale sterilità del prodotto finito e della compatibilità chimica e farmacologica dei componenti». L’esperto ricorda che «le norme di buona preparazione francesi, fin dal 2007 hanno previsto lo sconfezionamento come una forma legittima di approvvigionamento dei principi attivi non reperibili “en vrac”, cioè allo stato sfuso, inteso come sostanza pura. Ovviamente anche le norme d’oltralpe ritengono tale pratica eccezionale e da adottarsi come ultima scelta». E aggiunge che, sempre a proposito di principi attivi, «va ricordato che un emendamento all’art. 48 del testo in discussione al Senato sulla concorrenza, a firma dei senatori Mandelli e D’Ambrosio Lettieri, prevede l’abrogazione dell’odiosa, sbagliata concettualmente e di fatto abrogativa, frase “purché non si utilizzino principi attivi realizzati industrialmente” che venne introdotta nel 2005 nel Codice della proprietà industriale come conclusione del comma che prevede l'”esenzione galenica”, rendendo così impossibile l’esecuzione di formule magistrali contenenti medicinali il cui brevetto non è scaduto. L’emendamento poi introduce la possibilità di fare ricorso a medicinali di origine industriale come materia prima, ovviamente nel rispetto delle Norme di buona preparazione».

Gli stessi giudici del Cds, di fatto, non ravvisano motivi per temere una mancata tutela dei farmaci coperti da brevetto e in tal senso rimandano a due precedenti sentenze della Cassazione penale che con riferimento all’«eccezione galenica» definita nell’art. 68 del dlg 30/2005. In un caso non si vieta al farmacista di allestire galenici «anche con principî coperti da privativa industriale, purché l’allestimento avvenga nel pieno rispetto delle prescrizioni mediche». In un secondo caso si chiarisce che l’eccezione consiste appunto nel «consentire al farmacista di preparare e vendere al paziente un medicinale con diverso dosaggio o con diverso eccipiente rispetto a quello del medicinale posto in vendita dal titolare del brevetto e ciò solo nei casi in cui il paziente necessiti di tale diverso dosaggio o sia allergico all’eccipiente utilizzato per il medicinale commercializzato dal titolare del brevetto».
Fonte: Farmacista33– 21 gennaio 2016