Fonte: www.pharmaretail.it


L’arrivo dell’emergenza Covid-19, tra le altre cose, ha messo in evidenza la mancanza di una rete informatica che permettesse al comparto salute, e soprattutto al medico di base, di gestire in modo adeguato il paziente a domicilio. Molte Regioni hanno dovuto sperimentare e implementare nuovi strumenti tecnologici.
A fine pandemia l’utilizzo della sanità digitale dovrà diventare la normalità, perché in questo modo la sanità italiana potrà fare un significativo balzo in avanti.


Tecnologia a supporto del medico e del farmacista
Secondo gli esperti presenti all’incontro, il Covid-19 ci ha messi di fronte all’urgenza di innovare velocemente la sanità italiana e compiere finalmente quelle riforme tecnologiche di cui si parla da tempo; ma la tecnologia deve essere realmente a supporto del personale socio-sanitario e dei pazienti. «La pandemia da Covid-19 ha posto numerose sfide sanitarie. La necessità di gestire i pazienti in isolamento/quarantena e la riorganizzazione delle attività sanitarie alla luce delle norme di distanziamento sociale hanno fatto emergere l’urgenza di integrare nell’ambito del percorso di cura dei pazienti nuove strategie tecnologiche per la valutazione, il monitoraggio e il trattamento dei pazienti anche a distanza», ha detto Christian Barillaro, direttore Uoc Cure palliative e continuità assistenziale del Policlinico Gemelli. «L’utilizzo della tecnologia digitale ha dimostrato enormi potenzialità nel garantire il processo di continuità di cura dei pazienti nel contesto logisticamente migliore: il domicilio. Urge, dunque, la nascita di un servizio di “tecnosalute” ad ampio raggio, in cui la tecnologia venga messa a servizio della tutela della salute globale dei pazienti, soprattutto di quelli più fragili».


L’emergenza Covid ha anche fatto luce sulla mancanza di una rete che rendesse possibile la fruibilità delle informazioni da parte di tutti gli attori coinvolti (istituzioni, operatori sanitari e pazienti) e che permettesse soprattutto al medico di gestire in modo adeguato e in sicurezza il paziente al domicilio. Ma se da una parte l’esperienza della pandemia ha evidenziato alcune criticità delle cure territoriali, dall’altra ha messo in risalto alcuni punti di forza della farmacia, già peraltro contenuti nei provvedimenti per la Farmacia dei servizi: la farmacia assume anche la funzione di snodo del sistema mediante compiti di registrazione, classificazione, sportello, per la persona assistita a domicilio, con il coinvolgimento di altre figure professionali, nel rispetto della normativa vigente.


«La flessibilità e la rapidità di risposta della rete delle farmacie è stata fondamentale in questa emergenza: la capillarità delle sedi ha permesso di utilizzarle come terminale territoriale più vicino al paziente, mentre la professionalità dei farmacisti ha permesso di veicolare messaggi e informazioni essenziali alla popolazione», ha spiegato Annarosa Racca (nella foto), la presidente di Federfarma Lombardia. Ne è stato un esempio la dematerializzazione della ricetta elettronica: «Fin dall’inizio dell’emergenza è stato evidente che era necessario evitare i focolai e quindi far spostare le informazioni e non i pazienti, così la sperimentazione sulla ricetta totalmente dematerializzata ha avuto un’accelerazione improvvisa», ha continuato Racca. «Il 26 febbraio la Regione Lombardia ha dato alle farmacie l’autorizzazione alla stampa del promemoria in farmacia per tutte le ricette dematerializzate, e così la ricetta è diventata totalmente dematerializzata». Poi, «dal 23 marzo c’è stata l’estensione della ricetta totalmente dematerializzata, e quindi della stampa del promemoria in farmacia, anche alle ricette dei farmaci del Pht (Prontuario ospedale-territorio), i cosiddetti farmaci del Doppio canale e Osp-2». Infine «dal 15 giungo, l’estensione della ricetta dematerializzata alla prescrizione dei farmaci stupefacenti, farmaci che in epoca pre-Covid erano prescritti ancora su ricetta cartacea speciale».