Fonte: www.farmacista33.it

Sacchetti bio, Consiglio di Stato: consumatore può procurarseli autonomamente I sacchetti biodegradabili e compostabili non possono essere distribuiti gratuitamente ma i consumatori possono procurarseli autonomamente e utilizzarli per l’acquisto di merce sfusa anziché acquistare quelli commercializzati nel punto vendita, purché “idonei a preservare l’integrità della merce e rispondenti alle caratteristiche di legge”. È quanto ha stabilito il Consiglio di Stato con un parere discusso e pubblicato alla fine di marzo che chiarisce alcuni aspetti della nuova norma che ha introdotto l’obbligo di utilizzo di buste biodegradabili e compostabili che non possono più essere cedute gratuitamente: il prezzo deve essere riconoscibile e separato rispetto a quello della merce. Nella maggior parte delle catene della grande distribuzione i sacchetti costano da uno a tre centesimi.

Il parere è stato resto su richiesta del ministero della Salute, che aveva posto due quesiti. In primo luogo chiarire se sia “possibile per i consumatori utilizzare nei soli reparti di vendita a libero servizio (frutta e verdura) sacchetti monouso nuovi dagli stessi acquistati al di fuori degli esercizi commerciali, conformi alla normativa sui materiali a contatto con gli alimenti”. E poi “in caso di risposta positiva, se gli operatori del settore alimentare siano obbligati e a quali condizioni a consentirne l’uso nei propri esercizi commerciali”.
Un primo principio che pone il Consiglio di Stato è che le buste compostabili hanno un valore economico in sé, quindi “non possono essere sottratte alla logica del mercato”. Quindi non si può “escludere la facoltà del loro acquisto all’esterno dell’esercizio commerciale nel quale saranno poi utilizzate, in quanto, per l’appunto, considerate di per sé un prodotto autonomamente acquistabile, avente un valore indipendente da quello delle merci che sono destinate a contenere”.
Ma fa un ulteriore passaggio: se la legge “vuole anche incentivare l’utilizzo di materiali alternativi alla plastica, meno inquinanti, quale in primo luogo la carta” allora va ammessa “la possibilità di utilizzare – in luogo delle borse ultraleggere messe a disposizioni, a pagamento, nell’esercizio commerciale – contenitori alternativi alle buste in plastica, comunque idonei a contenere alimenti quale frutta e verdura, autonomamente reperiti dal consumatore; non potendosi inoltre escludere, alla luce della normativa vigente, che per talune tipologie di prodotto uno specifico contenitore non sia neppure necessario”. Infine, in considerazione dell’imprescindibile rispetto delle norme di igiene e sicurezza alimentare, ogni esercizio commerciale è tenuto alla verifica dell’idoneità dei sacchetti utilizzati dal consumatore, quindi il negoziante “può vietare l’utilizzo di contenitori autonomamente reperiti dal consumatore solo se non conformi alla normativa di volta in volta applicabile per ciascuna tipologia di merce, o comunque in concreto non idonei a venire in contatto con gli alimenti”.

Sulla base di quanto stabilito dal Consiglio di Stato è atteso ora un regolamento da parte il ministero della Salute dovrebbe fornire nelle prossime settimane, fortemente sollecitato dall’associazione di consumatori Codacons che ha annunciato una formale diffida al dicastero “affinché emetta subito la circolare”. Secondo il presidente Carlo Rienzi il ritardo nel fornire indicazioni sta «danneggiando pesantemente gli utenti e per questo, se entro pochi giorni il dicastero non provvederà a quanto richiesto, scatterà la denuncia del Codacons per omissione di atti d’ufficio. Uno stallo assurdo che genera anche situazioni di illegalità. Molti supermercati addebitano il costo del sacchetto direttamente sullo scontrino nel momento in cui viene pesata la merce, anche se lo shopper non viene utilizzato. Ciò comporta una violazione dei diritti degli utenti e un aggravio dei costi a carico dei consumatori di cui il Ministero della salute dovrà rispondere se non emetterà l’attesa circolare sui sacchetti portati da casa”.