Fonte: www.farmacista33.it

Con il provvedimento che ha introdotto pensione quota 100 e reddito di cittadinanza – in vigore da fine gennaio e di cui in questi giorni i politici stanno dibattendo sulla sua conversione in legge – è stato confermato anche un nuovo istituto, che prevede il riscatto dei periodi non coperti da contribuzione, con la possibilità di detraibilità degli importi, nonché di deducibilità per le imprese che facciano domanda per i propri dipendenti.

Un tema di attualità, data l’intermittenza tra periodi contrattualizzati e periodi di disoccupazione che negli anni di crisi hanno sempre più caratterizzato il mondo del lavoro, su cui, di recente, dall’Inps è stata emanata una circolare che ha chiarito le modalità applicative e i requisiti per accedere. Come si ricorderà l’istituto del riscatto dei periodi non coperti da contribuzione – che non vale per periodi in cui si è lavorato, ma in riferimento ai quali non è stata versata la quota contributiva – è stato previsto, in via sperimentale, per il triennio 2019-2020 (articolo 20, commi da 1 a 5, DL 1/2019).
Per quanto riguarda i beneficiari, l’Inps ricorda che ne hanno diritto gli iscritti Inps, che sia «all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, e alla Gestione separata». In ogni caso, chi fa richiesta deve essere «privo di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e non già titolari di pensione in qualsiasi gestione pensionistica obbligatoria». Basta, per acquisire il diritto, «almeno un contributo obbligatorio nella gestione pensionistica» dell’Inps «in cui è esercitata la facoltà di riscatto, versato in epoca precedente alla data di presentazione della domanda medesima». Posto questo requisito, si può accedere anche se si è iscritti ad altre contribuzioni obbligatorie. Ma va detto che il periodo scoperto di contribuzione «può essere ammesso a riscatto nella misura massima di cinque anni, anche non continuativi» e comunque «deve naturalmente collocarsi in epoca successiva al 31 dicembre 1995 e deve essere compreso tra la data del primo e dell’ultimo contributo comunque accreditato (obbligatorio, figurativo, da riscatto) nelle forme assicurative citate e in ogni caso precedente alla data del 29 gennaio 2019».
Per individuare «il primo e l’ultimo contributo di cui sopra si prenderanno a riferimento le sole gestioni previdenziali indicate nella norma» dell’Inps. Sono «escluse, pertanto, le Casse per i liberi professionisti o gli ordinamenti previdenziali di Stati esteri». In ogni caso, «il periodo da ammettere a riscatto non deve essere coperto da contribuzione obbligatoria, figurativa, volontaria o da riscatto, non solo presso il Fondo cui è diretta la domanda stessa, ma anche in qualsiasi forma di previdenza obbligatoria (comprese le Casse per i liberi professionisti e il regime previdenziale dell’Unione Europea o i singoli regimi previdenziali dei vari Stati membri o Paesi convenzionati)».
Infine, «sono riscattabili soltanto i periodi non soggetti a obbligo contributivo», periodi per esempio in cui non si è lavorato. «L’anzianità contributiva acquisita per effetto del riscatto è utile ai fini del conseguimento del diritto a pensione e per la determinazione della relativa misura» e «vengono valutati secondo il “sistema contributivo”». La base di calcolo «dell’onere è costituita dalla retribuzione assoggettata a contribuzione nei dodici mesi meno remoti rispetto alla data della domanda ed è rapportata al periodo oggetto di riscatto».

Per quanto riguarda poi l’onere versato questo «è detraibile dall’imposta lorda nella misura del 50%, con una ripartizione in cinque quote annuali costanti e di pari importo nell’anno di sostenimento e in quelli successivi. Per i lavoratori del settore privato, la domanda di riscatto può essere presentata anche dal datore di lavoro dell’assicurato destinando, a tal fine, i premi di produzione spettanti al lavoratore. In tal caso, l’onere versato è deducibile dal reddito di impresa e da lavoro autonomo. In questo caso è comunque necessario il consenso dell’interessato».

Francesca Giani