Fonte: www.farmacista33.it

Riconducibilità del farmaco omeopatico al concetto di medicinale ai fini dell’applicazione della norma penale che punisce il commercio o somministrazione di medicinali guasti

Omeopatici, medicinali a tutti gli effetti anche ai fini penali L’articolo 443 del codice penale stabilisce che chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 103.
La Corte di Cassazione, relativamente a una vicenda avvenuta nel 2009, ha osservato che è errato restringere il concetto di medicinale ai soli preparati che svolgono una funzione terapeutica validata, e del resto il Decreto legislativo 219/2006 – che attua la Direttiva Europea n. 2001/83/CE, relativa a un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano – ricomprende nel suo ambito i prodotti omeopatici, sottoponendoli a procedure di registrazione, in taluni casi semplificata, ed etichettatura, al rispetto di standard di sicurezza e, di regola, a farmaco-vigilanza. Anche il farmaco omeopatico scaduto costituisce dunque un medicinale “imperfetto”, nel senso richiesto dall’art. 443 c.p..
Non è dubitabile la riconducibilità del farmaco omeopatico al concetto di medicinale, stante l’ampia definizione allo scopo fornita dal D.Lgs. n. 219 del 2006, art. 1, comma 1, lett. a), che vi include «ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane» (punto 1 della disposizione), nonché «ogni sostanza o associazione di sostanze che può essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica».