Fonte: www.pharmaretail.it

Come è cambiato il rapporto con la salute degli italiani dopo i primi, tragici, mesi della pandemia? Come si è modificata la nostra relazione con gli operatori sanitari? E le nostre abitudini di consumo verso i farmaci? GSK ha pubblicato in questi giorni il risultato di uno studio condotto su 4000 persone in 4 Paesi (Italia, Spagna, Regno Unito, Germania) commissionato all’istituto di ricerca Ipsos Mori per indagare quanto la pandemia abbia modificato i comportamenti dei consumatori nella gestione della propria salute.

Il Covid-19 è un’esperienza che ci ha profondamente cambiati: dalla ricerca, infatti, emerge che siamo orientati più di prima ad adottare comportamenti responsabili per ridurre al minimo le possibilità di contagio non solo verso noi stessi, ma anche nei confronti degli altri. Abbiamo quindi una maggiore consapevolezza e senso di responsabilità sul tema della cura di sé, e riteniamo centrale il ruolo degli operatori sanitari, medici e farmacisti.

Vediamo come questa nuova consapevolezza si traduce in percentuali: Il 62% degli italiani ha sviluppato una migliore comprensione di ciò che ha un impatto sulla propria salute e il 69% ha oggi maggiori probabilità di considerare la salute nel proprio processo decisionale quotidiano. Il 54% degli italiani si è reso conto di aver dato la propria salute per scontata prima della pandemia di coronavirus, mentre adesso il 62% capisce meglio cosa impatta su di essa. Gli italiani (79%) sono tra i più propensi, insieme agli spagnoli 80%, a prendere precauzioni extra per ridurre al minimo o eliminare la trasmissione di malattie che potrebbero avere, e ad effettuare delle scelte in ottica di prevenzione, come dimostra l’intenzione per il 47% degli intervistati di assumere più vitamine o minerali per aiutare a rafforzare il proprio sistema immunitario da ora in poi. Il 75% degli italiani ha affermato che essere responsabili per la propria salute è anche importante per non gravare sul sistema sanitario nazionale.
Si legge nella ricerca: “In questo percorso di maggiore attenzione e responsabilizzazione degli italiani verso la propria salute accelerato dall’emergenza sanitaria, è emerso con ancora maggiore forza il ruolo determinante degli operatori sanitari: l’indagine ha infatti rilevato che ben il 61% degli italiani si fida del consiglio del farmacista per la gestione della salute e circa la metà di loro, il 46% intende ricorrere al farmacista più sovente in futuro per ricevere consigli su come trattare i problemi di salute minori”.

A chi vorrebbero rivolgersi in primis le persone quando hanno un problema di salute?
Circa i due terzi degli italiani (66%) a un operatore sanitario come primo consiglio per problemi di salute minori quali ad esempio i dolori articolari o un raffreddore (64%), circa 1 su 10 a familiari e amici e soltanto il 5% ricorrerebbe a Internet.
Oltre un terzo degli italiani (37%), concorda di essere più propenso a curare i propri disturbi di salute con farmaci da banco, invece di andare dal medico di famiglia, evidenziando l’importanza di questo tipo di prodotti nell’auto-gestione della propria salute.
Che cosa ne pensano i farmacisti? Come è cambiata la relazione con i loro clienti in questi mesi di pandemia? Hanno notato delle differenze nell’approccio e nella richiesta di consiglio? E quanto queste modifiche secondo loro sono destinate a consolidarsi?

PharmaRetail ha voluto indagare il loro punto di vista e ha intervistato Edoardo Schenardi, titolare della farmacia Serra di Genova che, nel momento dell’emergenza, ha inventato “Giorgio, i cassetti della salute”, un locker posto al di fuori della farmacia, per ritirare i prodotti senza entrare nel punto vendita: «I cittadini hanno sicuramente percepito che la farmacia è sempre stata al loro fianco nel periodo più drammatico del lockdown. La farmacia si è attivata per supportare i clienti sia fisicamente che in maniera digitale e anche tramite servizi di consegna. Si è adattata molto rapidamente al nuovo meccanismo di lavoro, ovvero la digitalizzazione completa dalla ricetta. Un cambiamento che è stato reso più facile dall’abitudine dei farmacisti all’utilizzo dei sistemi elettronici, ma che se non fosse stato recepito immediatamente avrebbe fatto saltare in aria il sistema. Tutta questa organizzazione ha fatto sì che il cittadino potesse essere servito senza fare la coda dal medico e riducendo i contatti sia con la farmacia che con ogni tipo di operatore sanitario, riducendo ovviamente anche il rischio di contagio. Questa reperibilità costante ha inevitabilmente fatto in modo che il cittadino si ritenesse più vicino alla farmacia e al farmacista, rispetto ad altri operatori sanitari». Una centralità destinata a durare? «Credo proprio di sì. Il ruolo del consiglio è stato fondamentale nel primo momento del disorientamento, delle fake news, degli acquisti massicci di vitamina c e paracetamolo: la farmacia è stata un argine fondamentale anche al contagio di false notizie. Penso che in un orizzonte vicino, sicuramente in autunno, continueremo a fungere da supporto per la prevenzione, nel periodo influenzale: faccio il vaccino o non lo faccio? Quando devo usare la mascherina? È molto probabile che domande come queste verranno poste a noi. Anche perché gli altri attori della salute in questa fase sono in difficoltà: i cittadini si recano molto malvolentieri in ospedale e i medici rischiano di continuare a essere sovraccaricati. L’importante è che continuiamo ad affiancare i cittadini con una logica che ora non può essere quella commerciale, e la fiducia non potrà che consolidarsi».
È d’accordo Cristina Arduino, farmacista presso la Farmacia Fatebenefratelli di Milano: «durante la pandemia i farmacisti sono stati l’unico presidio accessibile sul territorio: c’era disorientamento e ansia e noi abbiamo rappresentato un supporto costante, anche psicologico. Questa vicinanza è stata percepita nonostante i problemi che ci sono stati con le mascherine. Molte persone che prima si rivolgevano ad altre figure per un primo consiglio o per problemi minori sono entrate in farmacia. E io credo che, anche superata l’emergenza, continueranno a farlo, perché è diventata un’abitudine ma anche perché la pandemia ci ha messi di fronte al valore della prevenzione e della cura di sé, sicuramente destinato a durare e in la farmacia può svolgere un ruolo importante».