Fonte: http://www.farmacista33.it/ – 7 febbraio 2020

di: Francesca Giani

Incompatibilità del socio di società titolare di farmacie con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato, la Corte Costituzionale fa chiarezza con una sentenza. Il commento dell’avvocato Gustavo Bacigalupo
Sembra destinato a essere sciolto uno dei nodi posti dalla Legge Concorrenza, relativo alla incompatibilità del socio di società titolare di farmacie con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato. A mettere un punto è la Sentenza della Corte Costituzionale (n. 11 del 5 febbraio) pubblicata ieri in Gazzetta Ufficiale che afferma come «la causa di incompatibilità (lettera c, comma 1, articolo 8 della legge n. 362 del 1991) non è riferibile ai soci di società di capitali titolari di farmacie che si limitino ad acquisirne quote, senza essere ad alcun titolo coinvolti nella gestione della farmacia». Una novità che, secondo il commento di Gustavo Bacigalupo, avvocato dell’omonimo studio legale e autore di un articolo di ieri pubblicato su Sedivanews, è di «enorme rilevanza».

Anche i dipendenti possono essere soci di farmacie
La Corte Costituzionale, come si ricorderà, era stata chiamata a esprimersi su una questione di legittimità costituzionale sollevata dal Collegio arbitrale, nominato dall’Ordine degli avvocati di Catania, che ha dovuto valutare il contenzioso tra una società e un socio, che era anche docente universitario. Una questione che «nel merito» scrive la Consulta, «non è fondata, per erroneità della interpretazione della norma denunciata». In sostanza, «diversamente da quanto presupposto dal Collegio, la causa di incompatibilità non è riferibile ai soci di società di capitali titolari di farmacie che» non siano «ad alcun titolo coinvolti nella gestione della farmacia».

La partecipazione alla governance aziendale è il discrimine
La Consulta, infatti, rileva che «l’incompatibilità con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato, se era coerente con il modello organizzativo precedente alla legge Concorrenza – che, allo scopo di assicurare che la farmacia fosse gestita e diretta da un farmacista, ne consentiva l’esercizio esclusivamente a società di persone composte da soci farmacisti abilitati, a garanzia dell’assoluta prevalenza dell’elemento professionale su quello imprenditoriale e commerciale -, non lo è più nel contesto del nuovo quadro normativo di riferimento che emerge dalla citata legge n. 124 del 2017». In particolare, questo è dato dal «definitivo passaggio da una impostazione professionale-tecnica della titolarità e gestione delle farmacie ad una impostazione economico-commerciale». Si tratta, infatti, di una innovazione, «che si riflette nel riconoscimento della possibilità che la titolarità nell’esercizio delle farmacie private sia acquisita, oltre che da persone fisiche, società di persone e società cooperative a responsabilità limitata, anche da società di capitali; e alla quale si raccorda la previsione che la partecipazione alla compagine sociale non sia più ora limitata ai soli farmacisti iscritti all’albo e in possesso dei requisiti di idoneità».
Quindi, «essendo consentita, nell’attuale nuovo assetto normativo, la titolarità di farmacie (private) in capo anche a società di capitali, di cui possono far parte anche soci non farmacisti, né in alcun modo coinvolti nella gestione della farmacia o della società, è conseguente che a tali soggetti, unicamente titolari di quote del capitale sociale (e non altrimenti vincolati alla gestione diretta da normative speciali), non sia pertanto più riferibile l’incompatibilità «con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico privato», di cui alla lettera c) del comma 1 dell’art. 8 della legge n. 362 del 1991».

Per chi rimane l’incompatibilità?
Una novità è il commento di Bacigalupo, «di enorme rilevanza». Per altro, aggiunge, «non crediamo di sbagliare assumendo come estensibile il dictum interpretativo della Corte anche ai soci accomandanti – anche se non possiamo prevedere quale sarà nel concreto il comportamento di Comuni e Asl – perché la ratio dell’inapplicabilità di tale figura di incompatibilità anche al socio accomandante sembra perfettamente la stessa assunta a base della sua inapplicabilità a chi partecipi ad una società di capitali titolare di farmacia. Ma deve sempre restare ben fermo che quest’ultimo, come dunque anche il socio accomandante, – farmacista o non farmacista – non deve venire “in alcun modo coinvolto nella gestione della farmacia o della società”, e dunque non può essere né ovviamente un socio accomandatario, né meno che mai il socio di una Snc, tutti per definizione gestori dell’esercizio sociale, ma neppure amministratori o consiglieri di CdA o dirigenti apicali della società come, a maggior ragione, neppure, se socio farmacista, direttore responsabile della farmacia sociale».