Fonte: www.farmacista33.it

Dal 1982, anno in cui si manifestò l’epidemia di Aids che in seguito si scoprì essere causata dall’Hiv, la terapia della sindrome da immunodeficienza acquisita ha fatto passi enormi, tramutando la malattia da inesorabilmente mortale a infezione che si può rendere cronica (grazie all’avvento a metà degli anni Novanta della “triplice terapia” a base di nuovi antiretrovirali), dunque non più pericolosa per la vita dell’ospite, seppure non consentendo l’eradicazione del virus. Dunque, la lotta all’Aids non è ancora vinta. Lo stato dell’arte sui farmaci impiegati e in studio viene offerto in modo sintetico dagli esperti della Società italiana di farmacologia (Sif) attraverso dieci risposte ad altrettante domande.

1) Oggi, grazie ai nuovi farmaci, si guarisce dall’Aids?

No, ma con i farmaci disponibili è possibile cronicizzare l’infezione, ovvero fare in modo che, pur restando nell’organismo, non risulti letale. L’Hiv non viene eradicato ma gli è impedito di replicarsi e diffondersi fino a compromettere la funzionalità del sistema immunitario a tal punto da portare a morte l’organismo per via di infezioni e sviluppo di tumori.

2) Quali strategie farmacologiche sono ad oggi disponibili per cronicizzare l’infezione?

La strategia più efficace è l’utilizzo molto precoce (tanto più efficiente quanto più è avviata nelle prime fasi dell’infezione) della terapia antiretrovirale.

3) Come agiscono i farmaci alla base della terapia antiretrovirale che riesce a cronicizzare l’infezione?

L’attuale terapia antiretrovirale dell’infezione da Hiv (oggi è disponibile quella “altamente attiva”) si conduce impedendo contemporaneamente almeno quattro meccanismi-chiave del virus con altrettante classi farmacologiche, ossia bloccando: I) ‘ingresso dell’Hiv nelle cellule (inibitori della fusione); II) la capacità dell’Hiv di modificare il proprio corredo genetico da Rna in Dna, tappa necessaria al virus per replicarsi (inibitori della trascrittasi inversa); III) la capacità del virus di integrare il proprio Dna, così trasformato, nel Dna della cellula ospite (inibitori dell’Integrazione); IV) la maturazione delle nuove particelle virali potenzialmente infettanti (inibitori delle proteasi).

4) Esistono nuove terapie sperimentali che potrebbero potenziare o superare la terapia antiretrovirale?

Attualmente sono in fase di studio nuove strategie, di cui le principali sono: a) il prelievo di cellule staminali ematopoietiche, progenitrici dei linfociti T, oggetto dell’attacco da parte del virus, al fine di ingegnerizzarle geneticamente per renderle capaci di generare linfociti T “immuni” al virus e di ritrapiantarle nel paziente; b) la stimolazione e riattivazione dei virus latenti, ossia integrati nel Dna dei linfociti T del paziente e che si trovano in una situazione di “dormienza”, per poi eliminare tutte le cellule che ospitano il genoma virale, usando vaccini che insegnano alle cellule dell’immunità naturale a riconoscere i linfociti T infetti nei quali sono stati riattivati i virus (approccio “shock-and-kill”); c) terapia genica, cioè la modifica dei geni dei linfociti T che, grazie a tale modifica divengono non più capaci di esprimere il recettore al quale si attacca il virus per entrare nella cellula, o capaci di impedire l’integrazione del virus nel Dna o che il virus possa maturare e generare una nuova progenie che diffonde l’infezione; d) terapia anticorpale neutralizzante, mediante impiego di anticorpi capaci di riconoscere le cellule infette e attivare le risposte immunitarie per la loro rimozione. È molto probabile che in futuro la terapia dell’Aids consisterà in un mix di queste strategie.

5) Quanti farmaci, e quante volte al giorno, deve assumere una persona sieropositiva per contrastare l’infezione?

La triplice terapia consiste nell’uso contemporaneo di tre farmaci contenuti in un’unica compressa, da una sola somministrazione al giorno (negli anni Ottanta la terapia consisteva in 28 differenti farmaci, da assumere in diversi momenti del giorno).

6) I farmaci antiretrovirali hanno effetti collaterali?

Sì, come tutti i farmaci, per loro natura. Per la stessa triplice terapia esistono sul mercato diverse combinazioni. Quelle più recenti permettono ai pazienti un’aderenza al trattamento molto superiore rispetto al passato, con un migliore esito clinico, minori effetti collaterali e interazioni farmacologiche, tanto che la qualità di vita di un paziente sieropositivo è sempre più simile a quella di un paziente non sieropositivo.

7) Quali limiti hanno i farmaci antiretrovirali?

Come accennato, benché siano in grado di bloccare la replicazione e il diffondersi dell’infezione nell’organismo, i farmaci a disposizione non sono in grado di eradicarla una volta per tutte: una volta che il virus dell’Hiv si è integrato nel Dna dell’ospite vi rimane per sempre; in altre parole l’infezione si cronicizza ma non si eradica.

8) Se l’Hiv integrato nel genoma dell’ospite non è eradicabile, è possibile mettere a punto una terapia genica che ripristini il Dna della cellula ospite nella condizione precedente all’infezione?

Esistono studi in tal senso, ma in fase molto iniziale. Tra le strategie più promettenti vi è la possibilità di una terapia genica che prevede l’infusione nel paziente di linfociti modificati geneticamente in modo da renderli “invisibili” al virus oppure di linfociti dotati di enzimi capaci di distruggere le proteine o l’Rna del virus una volta che questo si è liberato al loro interno. Si tratta però di terapie ancora sperimentali.

9) È possibile prevenire l’Aids? Esiste un vaccino contro questa malattia?

Non esiste un vaccino per l’Aids ma sono in corso diverse sperimentazioni. Alcuni approcci prevedono l’attivazione dell’immunità cellulo-mediata, ovvero una risposta che non coinvolge gli anticorpi ma stimola l’attivazione di macrofagi, cellule NK e linfociti T direttamente contro il virus. Gli approcci più nuovi, e più efficaci, invece, tendono a individuare un antigene virale che permetta di sviluppare anticorpi neutralizzanti, alla base del funzionamento di qualsiasi vaccino, che impedirebbero l’infezione al 100%.

10) Perché non è stato ancora sviluppato un vaccino efficace al 100%?

Fino a poco tempo fa non si riusciva a individuare l’antigene dell’Hiv in grado di indurre anticorpi neutralizzanti. Si è scoperto da poco tempo che il virus porta con sé queste strutture in una zona molto nascosta della sua superficie e si è individuato finalmente l’antigene giusto. Resta aperto il problema chimico-farmaceutico di riuscire a riprodurre in laboratorio tali strutture antigeniche che andrebbero a costituire il vaccino vero e proprio.