Fonte: www.farmacista33.it

Farmaci scaduti e sanzioni, con il presidente Asfi Maurizio Cini il punto sulla situazione legale alla luce delle modifiche al terzo comma dell’art. 123 del Tuls
La modifica della normativa sulla gestione dei farmaci scaduti in farmacia ha generato “una situazione di punibilità, per quanto solo amministrativa” con casi tuttora oggetto di contenzioso. A spiegare cosa è cambiato tra “prima e dopo” le modifiche al terzo comma dell’art. 123 del Tuls con la legge n. 3/2018 è il presidente di Asfi Maurizio Cini, che sta seguendo due casi di farmacisti multati. E suggerisce come tutelarsi, in attesa di un intervento correttivo.

Nell’ambito di due casi che sto seguendo dal punto di vista della difesa, emerge in tutta la sua gravità la portata della norma che ha modificato, in peggio, il terzo comma dell’art. 123 del Tuls. Si tratta della sostituzione di tale comma attuata con la legge 11 gennaio 2018, n. 3, conosciuta come “Lorenzin”, anche se, va precisato, su questo articolo l’ex ministro della Salute non ha avuto ruolo alcuno.
In buona sostanza il vecchio testo rinviava all’art. 443 del codice penale in caso di presenza in farmacia di medicinali guasti o imperfetti. Sull’equiparazione del medicinale “guasto o imperfetto” allo “scaduto” ci sarebbe molto da scrivere ma qui la giurisprudenza si è consolidata unificando le due fattispecie.
Chi non ha seguito dall’inizio la vicenda merita di essere pertanto informato. In buona sostanza “prima” la presenza di uno o più medicinali scaduti conservati, in attesa di distruzione, in maniera da rendere evidente che non potevano essere dispensati veniva considerato legittimo dagli ispettori e non determinava alcuna sanzione. Per contro la presenza di medicinali scaduti negli scaffali destinati ai medicinali vendibili determinava la segnalazione dell’illecito penale alla Procura della Repubblica con la conseguente apertura di un procedimento penale il quale, in caso di condanna nell’ipotesi colposa e cioè per negligenza, poteva portare ad una condanna da uno a sei mesi di reclusione (art. 452 in relazione al 443 c.p.).
Mettendo mano alla norma contenuta nel Tuls si è però realizzata una situazione di punibilità, per quanto solo amministrativa, per la presenza anche di una sola confezione scaduta ancorché conservata nei locali della farmacia evidenziandone la non vendibilità.

Che cosa prevede la legge
La norma recita infatti: La detenzione di medicinali scaduti, guasti o imperfetti nella farmacia è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.500 a euro 3.000, se risulta che, per la modesta quantità di farmaci, le modalità di conservazione e l’ammontare complessivo delle riserve, si può concretamente escludere la loro destinazione al commercio.
La sanzione amministrativa (in concreto di mille euro) è quindi applicata se ricorrono tutte le tre condizioni: modesta quantità (troppo discrezionale la valutazione); modalità di conservazione (quali?) e rapporto basso tra gli scaduti e l’ammontare complessivo dei medicinali presenti (ancor più discrezionale). Ma, se anche una sola condizione viene ritenuta non ricorrere, scatta la denuncia penale a carico del direttore della farmacia.
Dei due casi che sto seguendo il più recente riguarda un farmacista sanzionato per la detenzione di una bombola di ossigeno scaduta, conservata nel retro della farmacia non destinato alla conservazione dei medicinali, in presenza comunque di altra bombola in corso di validità. Interpretando letteralmente la nuova norma è stata applicata la sanzione di mille euro. La seconda riguarda il caso di un’insulina scaduta conservata nel frigorifero, ed a fronte di un ammontare di quasi cinquecentomila euro di riserve. In questo caso è stato ritenuto non sussistere la modalità di conservazione tale da escludere la destinazione al commercio per cui il direttore è stato deferito all’autorità giudiziaria per il reato di cui agli articoli 443 e 452 (quest’ultimo riduce fino a un sesto la pena solo se viene riconosciuta la colpa e non il dolo).

Come tutelarsi
A fronte dell’assordante silenzio della categoria sulla problematica sollevata dalla novella legislativa, mi sento di proporre la realizzazione nelle farmacie di un vano, o anche di un semplice box chiuso a chiave, destinato ai prodotti “non conformi” nel quale conservare i medicinali non più destinati alla vendita. Il testo della norma incriminata potrebbe allora essere modificato con l’esclusione della sanzione amministrativa qualora i medicinali scaduti, guasti o imperfetti siano conservati nel box chiuso a chiave per potere contenere anche gli stupefacenti scaduti che, come è noto, debbono essere conservati fino alla loro materiale distruzione. A queste condizioni non dovrebbe rilevare la quantità né il rapporto con l’ammontare delle riserve. La sanzione amministrativa potrebbe essere mantenuta solo nel caso di un numero limitato di confezioni rinvenute all’esterno dell’area “non conformi” da determinare, in deroga quindi all’art. 443 c.p. e solo per gli scaduti da non più, ad esempio, di sei mesi. La problematica poi, anche sotto il profilo penale, sarà risolta entro il 2025 quando anche l’Italia sarà obbligata a prevedere sulle confezioni la codifica data-matrix contenente la data di scadenza. A quel momento la “detenzione per la vendita” diverrebbe “reato impossibile” nell’ipotesi colposa in quanto il gestionale della farmacia avvertirebbe il farmacista al banco che la confezione non è esitabile avendo superato il periodo di validità.