Fonte: www.farmacista33.it

La Legge italiana prevede che l’uso del defibrillatore semiautomatico (Dae) in sede extraospedaliera, sia consentito a chi abbia ricevuto una formazione specifica nelle attività di rianimazione cardio-polmonare, ma se c’è chi sostiene che, anche da un punto di vista penale, non ci siano comunque rischi a usarlo in caso di emergenza, ma solo possibili benefici per chi è soccorso, c’è chi chiarisce che un uso scorretto può mettere a rischio la salute del soccorritore che può incorrere in un arresto cardiaco se colpito dalla scarica. Il dibattito si è avviato sui social a commento di un articolo pubblicato su un blog di un’associazione locale di soccorritori del 118.

I volontari del 118 spiegano che “non esiste nessun rischio pratico nell’utilizzare il defibrillatore senza aver frequentato corso Blsd” (Basic life support-defibrillation) in quanto la diagnosi non spetta all’esecutore, effettuare la diagnosi del ritmo defibrillabile è il defibrillatore stesso”. Inoltre, sottolineano che “chi agisce per salvare una persona, lo fa ovviamente in buona fede e per il codice penale (art. 54) non è responsabile penalmente colui che ha commesso un fatto, essendovi costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona”, mentre se non si aiuta si rischia l’omissione di soccorso, che è punita dall’articolo 593 del codice penale”.

Le affermazioni hanno sollevato un dibattito nel merito di competenze ed emergenze e su tutti riportiamo le precisazioni di Francesco Palagiano, responsabile della sezione farmacisti del Giec (Gruppo intervento nelle emergenze cardiologiche): “La necessità di frequentare un corso teorico pratico abilitante per l’utilizzo del defibrillatore, ha lo scopo di tutelare la salute di chi soccorre, non per porre ostacoli all’uso del Dae. È vero che il Dae non può tecnicamente far danni all’infortunato, in quanto può emettere una scarica solo se rileva un “ritmo defibrillabile,” cioè un cuore in arresto cardiaco. È però altrettanto vero che, nel caso di “scarica consigliata”, se uno o più soccorritori toccano il paziente, la scarica può mandare in arresto il loro cuore”.

A questo aspetto di scurezza, va aggiunto che nel corso “si apprendono e ci si esercita in tutte quelle manovre di rianimazione, compressioni cardiache, insufflazione, fondamentali per mantenere un adeguato flusso di sangue ossigenato al cervello, durante la successione di scariche, raramente ne basta una sola, di solito ne servono diverse, anche più di dieci, necessarie per far ripartire il cuore. Inoltre, si impara a gestire l’emergenza, senza commettere errori, che possono ridurre la probabilità che l’infortunato superi l’accidente cardiaco senza conseguenze (soprattutto cerebrali) a lungo termine.

Il corso Blsd è per sua natura indirizzato al “personale laico”, e le manovre di rianimazione e l’uso del Dae sono consentite espressamente a tutti, a prescindere dal titolo di studio, per cui non si compie nessuna usurpazione di professione se si imparano a praticare, e si impara ad utilizzare un Dae”. Il rischio, commenta Palagiano a farmacista33, è che “se si incorre in incidenti collegati all’uso del Dae venga messo in discussione tutto l’impianto del progetto che prevede la presenza di questi dispositivi salva vita sul territorio, in punti strategici, comprese le farmacie».(SZ)