Fonte: www.farmacista33.it

L’emergenza Covid è stato uno tsunami normativo: norme spesso vaghe, imprecise e incoerenti che espongono le farmacie al continuo rischio sanzionatorio
Non ci sono solo gli «sforzi e l’impegno profuso» durante l’emergenza sanitaria alla base delle testimonianze di stress, preoccupazione e stanchezza di titolari e collaboratori di farmacie e parafarmacie, ma è anche lo «tsunami normativo» che ha caratterizzato tutto il periodo del lockdown, «una sovrapproduzione di norme spesso vaghe, imprecise e incoerenti», che ha prodotto un generalizzato stato di incertezza tra la categoria, accompagnato oltre tutto da «un accanimento accertativo e sanzionatorio» che ha colpito in modo particolare il settore.

A rileggere il periodo dell’emergenza sanitaria sotto questa chiave è Stefano De Carli, commercialista dello Studio Luce di Modena, che in un articolo pubblicato su Punto Effe (n. 10/2020) ripercorre i principali provvedimenti che hanno impattato sulla farmacia e il quadro sanzionatorio che l’ha interessata.

Troppe norme poco chiare: farmacie in un continuo rischio sanzionatorio
Ogni categoria, salve poche eccezioni, ha sofferto le conseguenze della pandemia e quella dei farmacisti ha pagato sul fronte degli sforzi e dell’impegno profuso nell’attività. Ma la farmacia è stata travolta da uno tsunami normativo che si è accompagnato a un accanimento accertativo e sanzionatorio durante tutto il periodo del lockdown che ha colpito in modo particolare il settore. La farmacia ha vissuto in un continuo rischio sanzionatorio dovuto a una sovrapproduzione di norme spesso vaghe, imprecise e incoerenti, tanto da apparire persino in contrasto con il valore costituzionale della certezza e chiarezza del diritto e che ha prodotto un generalizzato stato di incertezza tra la categoria.

Caos mascherine: carenze, prezzo imposto e confusione sui correttivi
Quasi da subito la farmacia è entrata nel clima denigratorio della “speculazione da mascherine”. A parte qualche isolato caso di evidente malcostume, che non è certamente mancato, il prezzo dei vari dispositivi di protezione era di molto cresciuto principalmente perché il costo di acquisto da parte degli esercizi si era innalzato a dismisura, e ciò per l’elementare legge del mercato per cui a carenza di offerta e in presenza di forte domanda i prezzi aumentano. Sono fioccati verbali di contestazione alle farmacie, con la disposizione anche di sequestri di merce, e l’apertura di procedimenti penali a carico di numerosi farmacisti. Per altro, l’Ordinanza del Commissario straordinario, Domenico Arcuri (n. 11/2020 del 26 aprile) – che ha imposto il prezzo massimo solo a limitati modelli di mascherine, senza risolvere la polemica per i prodotti esclusi – se da una parte ha dato un parziale stop al clima accusatorio, dall’altro si è tradotto in una perdita commerciale talvolta consistente, ottenendo per di più l’effetto opposto, dal momento che sono spariti dal commercio per alcune settimane proprio quei prodotti che si voleva tutelare. Quanto poi al Protocollo sul ristoro, la sensazione, che si augura sia errata, è che ben poche farmacie siano disponibili a scontrarsi con le procedure farraginose e poco chiare dell’accordo e il tutto si traduca in un nulla di fatto.

Sconfezionamento delle mascherine: regole ferree… ma non per tutti
In contemporanea, si è presentato il problema dello sconfezionamento, che anche in questo caso ha portato con sé accertamenti amministrativi. Il correttivo proposto ha consentito la vendita di unità singole ma a fronte, per le farmacie, di complicate procedure di sicurezza e informazione, con previsione di sanzioni penali in caso di violazioni, che appaiono grottesche se comparate alle condizioni in cui sono state poste in vendita dagli altri innumerevoli esercizi commerciali.

Sequestri, merce non consegnata, certificazioni fasulle. Il peso ricade sulle farmacie
La situazione più pericolosa, perché di portata potenzialmente generalizzata, rimane comunque quella dell’accertamento della “frode in commercio”, che si evidenzia in caso di commercializzazione di prodotti non conformi alle certificazioni richieste dalle innumerevoli normative vigenti e che trae principalmente origine dal comprensibile stato di impreparazione da parte di una categoria che ha dovuto dall’oggi al domani occuparsi di prodotti che prima del periodo emergenziale venivano richiesti solo occasionalmente ma che si sono rilevati nascondere una regolamentazione di classificazione, produzione e commercializzazione estremamente complessa. L’urgenza impellente di far fronte alle necessità della popolazione ha spinto tantissimi a fidarsi di fornitori improvvisati, dal momento che i normali canali di approvvigionamento non riuscivano a consegnare. Si è visto così di tutto: importazioni selvagge, sequestri in dogana, pagamenti anticipati senza visionare la merce, merce non consegnata, certificazioni fasulle, prodotti di pessima qualità, sdoganamenti a prezzi dichiarati ridicoli, documentazioni del tutto carenti. E i decreti governativi hanno fatto la loro parte nel creare confusione.

Iva a 0: rischio errore in mancanza chiarimenti da Agenzia Entrate
Per finire non poteva mancare l’inghippo prettamente fiscale: il decreto Rilancio ha imposto l’esenzione Iva su diversi prodotti vendibili in farmacie tra cui dispositivi medici, di protezione individuale, mascherine (ma non tutte, sono inspiegabilmente fuori le Ffp1 oltre che, comprensibilmente, quelle “di cortesia”). Il problema è che non si sa ancora come qualificare questa “esenzione”, che tale in realtà non è. Una richiesta di chiarimenti è stata indirizzata all’Agenzia delle entrate dalla quale tuttavia non è ancora stata data risposta e il rischio è che al momento delle liquidazioni mensili siano trasmessi dati che in un futuro possano essere considerati errati.