Fonte: www.federfarma.it | 25 giugno 2016

La Brexit preoccupa l’industria europea del farmaco, che all’indomani del referendum britannico lancia un appello all’Unione perché le decisioni che verranno prese da qui in avanti sullo “sganciamento” del Regno Unito abbiano al centro il paziente. In particolare l’Efpia, European federation of pharmaceutical industries and associations, sottolinea in una dichiarazione che l’obiettivo comune dovrebbe restare quello «di garantire un rapido accesso ai farmaci innovativi per i pazienti in tutta Europa, nonché lo sviluppo di un contesto normativo e politico che promuova l’innovazione e sostenga la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci per soddisfare le esigenze dei pazienti, dei sistemi sanitari e della società». Anche se l’esito del referendum non potrà non influire sulla permanenza a Londra dell’Ema, l’Agenzia del farmaco europea.

Parla di Brexit anche il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi. «Il nuovo quadro dovrà dare continuità all’impegno e agli investimenti delle imprese del farmaco nel Regno Unito» avverte. Quanto all’Ema, Scaccabarozzi riconferma il proprio appello alle istituzioni per portare l’Agenzia europea del farmaco nel nostro Paese. «L’Italia ha le carte in regola per diventarne la sede. A nostro favore giocano importanti fattori: l’industria farmaceutica made in Italy è ormai una realtà 4.0 di primo piano, è seconda per produzione alla Germania ma prima per valore pro-capite». Inoltre, ha detto ancora il presidente di Farmindustria, L’Italia «può contare su un’Agenzia del farmaco (Aifa) riconosciuta a livello internazionale come modello di best practice per l’innovatività delle modalità di accesso ai farmaci. Un modello – sottolinea – cui guardano molti Paesi, e che andrebbe reso ancora più efficiente». Favorevole al “trasloco” dell’Ema in Italia anche Federico Gelli, responsabile sanità del Pd: «Abbiamo tutte le carte in regola per accogliere l’Ente regolatorio farmaceutico europeo: la nostra industria farmaceutica vanta un export che supera il 70%. Il comparto, inoltre, fa segnare una crescita anche a livello occupazionale».

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Il trasferimento, in ogni caso, non avverrà dall’oggi al domani. Da quando il Regno Unito avvierà l’iter dell’articolo 50 dei Trattati Ue per l’uscita dall’Unione, serviranno almeno due anni perché Londra e Bruxelles completino la negoziazione sulle modalità di uscita della Gran Bretagna da tutti gli organismi comunitari. Un’operazione che, dopo l’annuncio di dimissioni del primo ministro inglese David Cameron, dovrà essere gestita dal suo successore.