Fonte: www.farmacista33.it
Riconfezionamento bevacizumab, Soi: lecito nelle farmacie territoriali È illegittima la determina dell’Aifa che impedisce alle farmacie del territorio il riconfezionamento del bevacizumab (Avastin) per l’impiego off label nel trattamento di maculopatie e glaucoma. Lo dice il Consiglio di Stato che, con sentenza 24/2017 del 9 gennaio, ha ribaltato il giudizio di primo grado del Tar Lazio e accolto il ricorso presentato nel 2014 da un titolare di farmacia bresciano. La notizia ha potenzialmente notevoli ricadute per migliaia di pazienti affetti ed è stata infatti accolta con grande soddisfazione da Matteo Piovella, presidente della Società oftalmologica italiana (Soi). Finalmente anche in Italia, esattamente come accade in tutto il mondo, ogni farmacia adeguatamente attrezzata (e non solo le farmacie ospedaliere abilitate da Aifa secondo regole sbagliate e strumentali) avrà il diritto di frazionare i farmaci anti-Vegf, ha commentato il presidente Soi. Nella sentenza si afferma difatti il principio che «la farmacia territoriale non può essere discriminata rispetto a quella ospedaliera in nome del presupposto che quest’ultima abbia un know how superiore o, comunque, dia maggiori garanzie di professionalità».

Va ricordato che la determina emanata dall’Aifa nel giugno 2014 limitava «il confezionamento in monodose del farmaco bevacizumab per l’uso intravitreale esclusivamente alle farmacie ospedaliere, in possesso dei requisiti necessari e nel rispetto delle Norme di buona preparazione». Ciò in seguito al parere espresso dal Consiglio superiore di Sanità, che consigliava di limitare il riconfezionamento alle sole farmacie ospedaliere «allo scopo di garantire la sterilità» delle preparazioni. Ma nell’attuale sentenza il Consiglio di Stato rileva che «sia le farmacie territoriali sia quelle ospedaliere utilizzano le medesime metodiche per la preparazione dei prodotti galenici», perché «i prodotti farmaceutici da loro realizzati devono fornire identiche garanzie di efficacia e sicurezza». E non è tutto. Non è neppure fondato sostenere che il bevacizumab, essendo classificato H-Osp, non possa essere acquistato da una farmacia del territorio. Infatti i giudici hanno evidenziato che nel caso in questione erano interessati «preparati galenici allestiti attraverso lo sconfezionamento di prodotti industriali che la farmacia non vende direttamente al pubblico, bensì consegna ai committenti, cioè alle strutture sanitarie che debbono somministrarle ai pazienti». «Finalmente una sentenza che rimette le cose al posto giusto» riprende Piovella. «Ma nel frattempo il mio pensiero va al grave danno subito dai 100mila pazienti a cui, in questi anni, è stato negato il diritto di accesso alle cure: un diritto costituzionalmente garantito».

Da molti anni la Soi sta combattendo per eliminare ogni limitazione di accesso per gli oculisti non ospedalieri alle terapie intravitreali. In questo senso Piovella considera certamente un importante passo in avanti questa sentenza, nella quale i Giudici hanno affermato che il discrimine poteva fondarsi sulle attrezzature di cui sono dotate le farmacie pubbliche e private, ma non sulla loro natura pubblica o privata, in quanto questa non implica di per sé la maggiore qualificazione professionale e la maggiore sicurezza nel compimento dell’attività tecnico professionale, per cui la garanzia di sterilità non poteva giustificarsi con la sola natura ospedaliera della farmacia incaricata del confezionamento del prodotto. Resta ancora, secondo il presidente Soi – un decisivo passo finale, ovvero ottenere l’abolizione dell’inserimento dei farmaci anti-Vegf alla fascia H che, ovviamente, ne limita l’uso solo nell’ambito ospedaliero. «A breve» afferma Piovella «ci sarà un nuovo incontro con il nuovo direttore dell’Aifa per porre fine a tutta la questione, attraverso l’adozione delle indicazioni che sono state messe a punto al ministero della Salute il 5 dicembre 2016». Infine, Piovella vuole ricordare che la Soi ha portato avanti da sola «una battaglia a difesa del diritto di accesso alle terapie a tutela dei pazienti e del diritto-dovere dei medici oculisti e non solo, di utilizzo – secondo scienza e coscienza – delle terapie off label».