Fonte: Farmacista33| 21 giugno 2016

Si chiama “delinkage”, ed è il principio su cui le autorità sanitarie hanno capito di dover puntare per provare a contrastare e sconfiggere il preoccupante fenomeno dell’antibioticoresistenza: consiste nella ricerca di nuovi modelli di sfruttamento commerciale dei farmaci innovativi che sleghino completamente (scolleghino, nell’espressione inglese) il profitto dalla quantità di scatolette vendute. Oggi, in aggiunta ai dati molto preoccupanti sull’avanzare di microbi resistenti a qualsiasi antibiotico finora messo a punto, a scoraggiare è la consapevolezza che l’incentivo a investire risorse economiche nello sviluppo di nuove molecole viene dalla – legittima – aspettativa che l’eventuale nuovo prodotto trovi un ampio mercato. L’esperienza degli ultimi decenni, però, insegna che l’unico modo per preservare l’efficacia dei nuovi farmaci consisterebbe al contrario nel limitarne drasticamente l’impiego.

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Per questo Kevin Outterson e colleghi della Boston University School of Law di Boston, negli Stati Uniti, hanno fatto il punto sul delinkage in un saggio appena pubblicato sulla rivista open access Plos Medicine. «Il principio del delinkage applicato agli antibiotici è un principio potente, che ha attirato l’attenzione non solo degli accademici e delle associazioni non-profit ma anche di figure-chiave nell’industria, decisori di alto livello in Europa e negli Stati Uniti e dell’OCSE» si legge nelle loro conclusioni. «Con questo aumento di attenzione, vediamo la necessità di avviare una conversazione globale che applica i principi del delinkage per prendere in considerazione accesso, conservazione e innovazione in tema di antibiotici in concerto e non in isolamento». Il prossimo passo richiederà un impegno globale per trasformare un’idea promettente in realtà.

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