Fonte: www.pharmaretail.it

Torna la rubrica dedicata alla Comunicazione in Farmacia. In questo articolo Francesco Fabris fornisce utili spunti per il dialogo fra farmacista e paziente, tutti gli elementi essenziali per dare all’interlocutore ogni informazione essenziale e per riceverne altrettante indispensabili.

Le cinque W
Per gli arrivisti sono importanti le tre S del diavolo (soldi, sesso, successo), per gli operatori commerciali le quattro P del marketing mix (prodotto, pubblicità, prezzo, posto), per gli esperti di comunicazione le cinque W, cioè la regola base del giornalismo anglosassone.
Vediamole, le cinque vu doppie, con la relativa traduzione italiana. Parliamo di: Who? (Chi?), What? (Che cosa?), When? (Quando?), Where? (Dove?) , Why? (Perché?).
Si tratta di un promemoria per i reporter, per non dimenticare i cinque punti che non devono mancare nel dare una notizia e che di norma in un articolo si trovano nel lead, cioè nell’attacco di un pezzo, per dare al lettore le risposte alle domande più impellenti. Una delle conseguenze, nel passato, quando gli articoli venivano dettati frettolosamente al telefono o telegrafati, senza l’ausilio degli odierni strumenti della information technology, era che, in caso di mancanza di spazio, chi provvedeva all’impaginazione tagliava sempre a partire dal fondo, certo di non amputare involontariamente nessuna delle informazioni di base che erano tutte concentrate nelle prime righe.
Per fare un esempio, come dovrebbe iniziare questo articolo seguendo la regola? Più o meno così: “nell’Ottocento negli Usa i primi esponenti della stampa popolare consigliavano a chi doveva scrivere un resoconto di cominciare rispondendo a cinque domande fondamentali che il lettore si sarebbe certamente posto”.
Ma non è soltanto un aide-memoire per cronisti, bensì, assieme alle sue varianti, la regola delle cinque W è un metodo di verifica sulla completezza di un messaggio.

Utilità per il farmacista?
Con qualche domanda aggiuntiva, è un modo per controllare se sta dando tutti gli elementi rilevanti di un’informazione (anche in caso di educazione sanitaria) o se sta ricevendo tutti gli elementi importanti di un racconto, specialmente se il suo interlocutore è confuso, illetterato o straniero e sta riportando un problema sanitario suo o di un suo familiare. È comunque una griglia cui sottoporre un’informazione che ci serve.

Un metodo anglo-americano che ha radici più profonde
Le cinque W arrivano dal mondo anglosassone e costituiscono, come abbiamo detto, un memento per i reporter, che vivono spesso situazioni concitate, in modo da evitare omissioni. Il vero significato della regola non è di guardare rigidamente alle cinque W, alle quali spesso si aggiunge una H, che sta per how? (in italiano: come?), ma di ricostruire un evento tramite risposte a domande standard.
Che bravi, gli inglesi e gli americani, i propositori della regola delle cinque W, dirà qualcuno, a trovare metodi, criteri, norme, a mettere ordine e a facilitare la vita di chi lavora! Nemmeno per sogno, non è farina del loro sacco. Niente di nuovo sotto il sole: ancora una volta l’approccio viene da lontano. La griglia di domande è una riproposizione di un metodo ampiamente conosciuto e trattato da filosofi e retori del mondo greco, latino e medievale. Per cui, più che regola delle cinque W sarebbe appropriato chiamarla delle cinque Q. Ci riferiamo a quis?, quid?, cur?, quomodo?, ubi?, quando?, quibus auxiliis?, catena di domande attribuite al filosofo romano del V secolo Severino Boezio, sapendo che, prima e dopo di lui, anche Cicerone, Quintiliano, Tommaso d’Aquino arrivarono a conclusioni simili.