Al dibattito sulla normativa che autorizza le farmacie alla distribuzione all’ingrosso, sollevato recentemente da una nota di chiarimento del Ministero e poi da un commento dei vertici di Federfarma Servizi, si aggiunge un commento di Maurizio Cini, docente del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’università di Bologna che ricorda un progetto di legge da cui potrebbe arrivare una soluzione alla «confusione dei ruoli».
La modifica che eliminò completamente l’incompatibilità tra distribuzione all’ingrosso ed esercizio delle farmacie, in aperto contrasto con l’orientamento della Corte Costituzionale che invece aveva sostenuto l’incompatibilità anche per le comunali con la sentenza n. 275 del 2003, ha dato il là al proliferare delle farmacie-grossiste. La situazione economica del momento e il ruolo assunto dalle cooperative di distribuzione intermedia (talvolta anche confluite in società di capitali) deve fare ormai prendere atto che il principio, affermato nel 2003 dalla Consulta, è da considerarsi superato. Infatti, ancorché queste aziende siano amministrate da titolari di farmacia o da soci di società ex art. 7 della legge 362/91, non è credibile che possano costituire pericolo per il conflitto di interessi che aveva animato il legislatore nel 1991. Come risolvere il problema delle farmacie-grossiste, la maggior parte delle quali operano in aperto contrasto con il decreto legislativo 219/06, tanto da fare prendere posizione alla Direzione generale dei dispositivi medici e del Servizio farmaceutico con una nota di risposta ad un quesito della regione Lombardia?

La domanda trova risposta nel progetto di legge C.3036 dal titolo “Modifiche al decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, in materia di separazione tra le attività di distribuzione dei farmaci all’ingrosso e le attività di vendita al pubblico” primo firmatario l’On Paolo Russo. Il testo interviene in maniera mirata e, direi quasi chirurgica, su alcune parti del decreto legislativo 219/06 introducendo fondamentalmente i seguenti principi:

1) I locali dove si svolge l’attività di commercio all’ingrosso di medicinali debbono essere conformi a requisiti minimi da stabilire con decreto ministeriale;

2) L’attività non può svolgersi negli stessi locali della farmacia o della “parafarmacia” o in locali con essi comunicanti;

3) Il titolare di farmacia, o il socio di società titolare di farmacia ai sensi dell’art. 7 della legge 362/91, non possono coincidere con la persona responsabile dell’azienda grossista ex art. 101. Si tratterebbe solo di intervenire sul decreto 219/06, già tante volte modificato, limitando, se non eliminando del tutto, un’attività che ha dimostrato di generare confusione dei ruoli, distorsione del mercato e soprattutto la reazione “difensiva” delle industrie che operano all’interno dell’Unione europea con il contingentamento di quei medicinali oggetto di commercio all’ingrosso verso paesi dove il prezzo al pubblico è maggiore. Indispensabile però appare il ruolo delle regioni, che sono destinatarie del potere autorizzativo, fino ad ora abbastanza restie ad un’azione incisiva in materia di controlli.
Fonte: www.farmacista33– 30 gennaio 2016